preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
San Pietro continua la sua catechesi richiamandoci alla realtà del nostro battesimo, che in virtù della morte e risurrezione del Signore, ci ha rinnovati e ci ha aperto la via della salvezza. Tocca a noi ora dimostrare che siamo diversi da quando eravamo immersi nelle tenebre dell'ignoranza. Segno ineccepibile di questa novità è l'amore verso i fratelli: un amore intenso, scaturito dalla sincerità del cuore, senza distinzioni, modellato sull'amore di Gesù, che ha convalidato l'insegnamento con il suo esempio. E' un amore che è donazione, senza nulla chiedere e che suppone la morte a noi stessi. Dinanzi a questi insegnamenti stride fortemente l'atteggiamento dei discepoli e in particole dei due fratelli, figli di Zebedeo: La loro ricerca e richiesta di privilegi, dopo che Gesù ha parlato della sua prossima umiliazione, della sua condanna e morte, appare assolutamente fuori posto... L'indignazione degli altri fanno capire che tutti erano alla ricerca di onori mentre il Signore preannuncia flagellazioni e umiliazioni. Sono uomini nelle loro pura umanità. Non è ancora venuto lo Spirito per far loro capire gli insegnamenti di Gesù, che li richiama al suo esempio e allo stile nuovo che dovrà avere chi sarà posto a capo della chiesa: stile di servizio più che di dominio. Forse suscitano in noi una certa meraviglia questa rozzezza e insensibilità degli apostoli... Non avevano ancora imparato nulla dalla comunione di vita e dagli ammaestramenti di Gesù... E noi che tante volte abbiamo meditato la passione del Signore, i suoi esempi di umile servitore... che abbiamo ricevuto anche lo Spirito Santo... non siamo forse continuamente tormentati dallo spirito di superbia che ci spinge a ricercare privilegi, anche con intrighi e comportamenti affatto leali?
Raccontava del padre Dioscuro, che mangiava pane d'orzo e farina di lenticchie. Ogni anno si proponeva le pratiche di una nuova disciplina. Diceva: "Non avrò incontri con nessuno quest'anno", oppure: "non parlerò", oppure: "Non mangerò nulla di cotto", o ancora: "non mangerò frutta e verdura". Faceva così tutte le pratiche possibili, non faceva in tempo a compierne una che ne inizia un'altra. E ciò avveniva ogni anno.
I FIGLI DEI NOBILI E DEI POVERI Se per caso un nobile vuole offrire il proprio figlio a Dio nel monastero e il fanciullo è ancora in tenera età, i genitori scrivano la carta di petizione, di cui abbiamo parlato sopra; e insieme alle offerte della Messa avvolgano nella tovaglia dell'altare la stessa petizione e la mano del fanciullo; e così lo offrano.
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