Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 31 marzo 2008

Sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto.

Celebrare la festa dell'Annunciazione del Signore nel tempo pasquale potrebbe sembrare a prima vista anacronistico, ma non lo è. Il mistero dell'incarnazione del Verbo è finalizzato al mistero pasquale. "Tu non hai voluto né sacrificio né offerta, un corpo invece mi hai preparato. Allora ho detto: Ecco io vengo per fare, o Dio, la tua volontà". Nella liturgia odierna l'incarnazione è il grande segno dato all'umanità da parte di Dio. Maria è la prima e l'espressione più alta di questa umanità che si mantiene disponibile al mistero di Dio e concretizza nella sua persona la speranza del nuovo Israele. "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". Allo stesso tempo, Maria è la terra promessa, arricchita da Dio, come fanno intendere le parole dell'angelo, che proclama: "Il Signore è con te, egli ti ha colmata di grazia". Ella così diviene l'arca della nuova alleanza, il segno della presenza di Dio in mezzo ai fratelli. Maria, nella sua disponibilità, accoglie Dio, diviene discepola della sua Parola e strumento della sua opera. Al come potrà realizzare tutto quello che le viene annunciato, l'angelo l'assicura, dicendo: "Lo Spirito Santo verrà su di te, e l'Onnipotente Dio, come una nube, ti avvolgerà". La forza di Dio che trasforma gli uomini da terrestri in celesti, s'impadronisce di Maria e la trasforma in madre di Gesù, uomo Dio. Nell'incarnazione del Verbo eterno nel grembo di Maria e nella sua nascita a Betlemme, Dio sembra che abbia velato la sua grandezza e la sua gloria. Non è vero! Nel farsi piccolo a Betlemme e a Nazaret e nel ridursi nelle condizioni di un malfattore crocifisso, Dio ha rivelato il vero senso della sua gloria e della sua potenza universale. Il Signore lo porrà sul trono di David, ed egli regnerà per sempre sul popolo d'Israele. Questa pienezza benefica, opera di Dio, è già significativa in Maria, immagine della nuova umanità. L'"avvenga di me", fatto anche nostro, cambierà tutta la nostra storia personale.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un novizio volle un giorno rinunciare al mondo. Disse all'anziano: "Voglio diventare monaco". L'anziano rispose: "Non ce la farai". L'altro disse: "Ce la farò". L'anziano disse: "Se realmente lo vuoi, va', rinuncia al mondo, poi vieni ad abitare nella tua cella. Egli se ne andò, donò ciò che possedeva, tenne per sé cento monete e tornò dall'anziano. L'anziano gli disse: «Va' ad abitare nella tua cella». Andò ad abitarvi. Mentre era là i suoi pensieri gli dissero: «La porta è vecchia e deve essere sostituita». Andò dunque a dire all'anziano: «I miei pensieri mi dicono: La porta è vecchia e deve essere sostituita». L'anziano gli rispose: «Tu non hai ancora rinunciato al mondo; va', rinuncia al mondo, e poi abita qui». Se ne andò, donò novanta monete, ne tenne dieci e disse all'anziano: «Ecco, ho rinunciato al mondo». L'anziano gli disse: «Va', abita nella tua cella». Andò ad abitarvi. Mentre era là i suoi pensieri gli dissero: «Il tetto è vecchio e deve essere rifatto». Andò dall'anziano: «I miei pensieri mi dicono: Il tetto è vecchio e deve essere rifatto». L'anziano gli disse: «Va', rinuncia al mondo». Il fratello se ne andò, donò le dieci monete e tornò dall'anziano: «Ecco che ho rinunciato al mondo». Mentre era nella sua cella i suoi pensieri gli dissero: «Ecco, tutto è vecchio, verrà il leone e mi mangerà». Espose i suoi pensieri all'anziano che gli disse: «Vorrei che tutto cadesse su di me e che il leone venisse a mangiarmi, per essere liberato dalla vita. Va', dimora nella tua cella e prega Dio».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL CELLERARIO DEL MONASTERO

Tutti gli oggetti e tutti i beni del monastero li consideri come i vasi sacri dell'altare; e non ritenga nulla di poco conto. Non si lasci dominare dall'avarizia e neppure sia prodigo o sperperatore dei beni del monastero, ma faccia tutto con misura e secondo le direttive dell'abate. Soprattutto sia umile e a chi non può procurare la cosa richiesta dia una buona parola di risposta, come sta scritto: «Una buona parola vale più di ogni dono prezioso» (Sir 18,16-17). Tenga sotto la sua cura soltanto ciò che l'abate gli avrà affidato; non ardisca invece ingerirsi in ciò da cui l'abate lo avrà escluso. 1La quantità di cibo stabilita la serva ai fratelli senza alcuna arroganza e senza ritardi per non scandalizzarli, ricordando che cosa meriti, secondo la parola del Signore, chi scandalizza uno dei piccoli (Mt 18,6).


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