preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Stiamo vivendo il tempo di Pasqua, tempo di grande gioia, di gioia perché il Signore è risorto, non solo, è risorto... ma perché è presente, è vivo in mezzo a noi. La Chiesa vive, noi che siamo la Chiesa viviamo della fede in Gesù, Gesù risorto. Non è soltanto la comunità di quelli che condividono gli insegnamenti dottrinali di Gesù o gli insegnamenti morali di Gesù, che ammirano gli esempi di Gesù. La Chiesa tutta crede che Dio Padre ha risuscitato Gesù, e lo ha fatto "capo e Signore". Ma come possiamo riconoscerlo (Gesù)? Come possiamo sentire la sua presenza, sentire la forza del suo Spirito, nella nostra vita? Come possiamo testimoniarlo? Alcune domande che è lecito fare. E la risposta, mi pare, una precisa risposta ci dà proprio il Vangelo di oggi, lo fa con l'affermazione stupita, meravigliata del discepolo che Gesù amava, Giovanni: «è il Signore!». Il Vangelo che oggi ascoltiamo ci presenta sette discepoli; tutti insieme, vanno a pescare, vanno sul mare di Tiberiade. Niente di nuovo si direbbe, fanno quello che hanno fatto tante volte, quello che hanno fatto prima di aver incontrato Gesù. Compiono un gesto per loro usuale, quotidiano, gesto in cui mettevano tutta l'esperienza, tutta la loro passione, di tanti anni. Tante volte avranno sperimentato la gioia di una pesca abbondante. Ora, questa notte, provano delusione perché questa volta la rete è vuota. Non hanno preso nulla. I discepoli hanno lavorato, faticato tutta la notte: questo vale per tutti i discepoli, pensando sia alla fatica fisica, sia a quella spirituale, la fatica che accompagna le nostre opere e i nostri giorni. Non solo c'è la fatica, ma anche il senso di delusione; alla fatica, all'impegno non corrisponde un risultato: in quella notte non presero proprio nulla. E nel pieno della delusione e della stanchezza compare una voce, voce che sembra conosciuta, una parola, una parola che invita a riprovare, che intende risvegliare i loro animi, risvegliare ad una fedeltà, ad una fiducia, ad un'apertura alla promessa di Gesù, del Signore che dice: «Buttate ancora le reti, riprovate ancora». I discepoli potevano cedere, cedere alla stanchezza, cedere alla delusione. Invece obbediscono, si fidano della parola che viene pronunciata, la parola sulla loro vita, gettano, ancora una volta la rete. Si fidano, si abbandonano alla parola del Signore. Ed ecco, il miracolo si compie. E nel segno del miracolo sentono la presenza del Signore, del Risorto che non abbandona i suoi discepoli ma sempre li accompagna, che è sempre con loro nel loro cammino di vita e di fede. Le reti sono piene di pesci e reggono, non si spezzano, i cuori sono ripieni di gioia e di meraviglia e reggono anche essi, reggono l'impatto di un incontro non programmato con Gesù eppure atteso, tutti volevano rivederlo, risentirlo, toccarlo di nuovo, mangiare ancora con lui... E lui, il Signore asseconda, esaudisce ancora quell'attesa del cuore, dell'anima... Ed ancora prepara loro da mangiare, spezza ancora il pane per loro, lo distribuisce...
Questo nel vangelo... Ma noi crediamo che la stessa cosa avviene anche per noi... noi crediamo che anche per noi durante la Messa, durante la Celebrazione Eucaristica domenicale, alla quale arrivano tanti, anche noi, qualche volta stanchi, delusi per le nostre reti vuote, per non aver prodotto, combinato molto in questi giorni, ecco, nonostante questo sulla sponda del lago c'è sempre qualcuno che ci aspetta, c'è sempre qualcuno che ha qualcosa per noi, che ci sfama, che ci incoraggia, che ci sostiene, che ci dà forza... E' questo qualcuno è Gesù che ancora spezza il pane per noi, che per chi parteciperà alla messa, lo spezzerà ancora per noi. Chiediamo che qsta esperienza, l'esperienza della benedizione di Dio la benedizione sulla nostra vita, la vita che sempre si rinnova e ci rinnova, ci rinnovi alla speranza, a quel coraggio che fanno di noi, uomini poveri, ma ricchi di lui, e testimoni del Vangelo.
Un fratello domandò a un anziano: «Che devo fare, Abba, per combattere i pensieri?». Egli rispose: «Prega il Signore, affinché gli occhi della tua anima vedano gli aiuti che Dio ti manda per proteggerti.
Capitolo 43
QUELLI CHE GIUNGONO TARDI ALL'UFFICIO DIVINO O ALLA MENSAAbbiamo creduto opportuno che questi tali rimangano all'ultimo posto o in disparte perché, vedendosi esposti allo sguardo di tutti, si correggano se non altro per la vergogna che ne provano. Infatti, se restassero fuori dell'oratorio, potrebbe darsi che qualcuno torni a coricarsi e a dormire oppure si metta seduto lì fuori e si perda in chiacchiere, dando così occasione al maligno; entri invece dentro, affinché per lo meno non perda tutto e si corregga per l'avvenire. Nelle Ore del giorno, chi non sarà ancora presente all'Opus Dei dopo il versetto e il Gloria del primo salmo che segue il versetto, se ne stia all'ultimo posto secondo la norma stabilita sopra, e non ardisca associarsi al coro dei fratelli che salmeggiano prima di aver fatto la penitenza, a meno che l'abate non glielo permetta per sua concessione; ma anche in tal caso il colpevole deve fare la penitenza.
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