Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 22 gennaio 2007

In nome di chi?

Sono ancora in scena gli scribi, rappresentanti del potere religioso del tempo, che malignano pesantemente su Gesù, definendolo posseduto dal principe dei demoni e come colui che nel nome di Beelzebul, scaccia i demoni. Viene da pensare come sia tristemente facile per chi si lascia guidare da preconcetti, confondere lo Spirito di Dio con quello del maligno. Qui si ravvisano tutti gli estremi di quel terribile peccato contro lo Spirito Santo, che lo steso Gesù definisce imperdonabile. Si stravolge il significato, il valore e lo scopo dei miracoli attribuendo a satana ciò che è opera di Dio e del suo Spirito. È una forma di cecità spirituale provocata dall'invidia, accresciuta dalla bramosia del potere e confermata da una falsa religiosità: una malattia dell'anima che ancora miete vittime ai nostri giorni specie dove l'integralismo religioso degenera in violenza. È una gravissima bestemmia che vorrebbe negare l'amore in Dio, privandolo della sue stessa essenza e riducendolo a un demiurgo, ad un dio cattivo. La logica stringente a cui ricorre Gesù per convincerli del loro errore, lascia intendere che Egli è disposto anche a farci percorrere la via della razionalità quando la fede è accecata dal male. Pare però che neanche dinanzi all'assurdo della ragione quei scribi vogliano trovare la via per un cambiamento di mentalità e di comportamenti. Abbiamo l'impressione che il demone peggiore sia proprio dentro di loro e che abbia preso in essi una stabile dimora. Noi credenti, contrariamente a quanto insinuano malignamente gli scribi, abbiamo imparato a fare tutto nel nome di Dio; ogni giorno ci segniamo ripetutamente con il segno della croce affidandoci alla santissima Trinità; tutte le invocazioni iniziano e terminano nel nome del nostro Signore Gesù Cristo. In quel nome riponiamo tutta la nostra forza, memori di quanto Gesù stesso ci ha detto: "Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò".


Nel nostro Monastero: Solennità di San Vincenzo M., Patrono della chiesa e del monastero.

.. per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.

Nel cosiddetta preghiera sacerdotale, Gesù prega il padre per i suoi discepoli e per il mondo intero. È una preghiera stupenda e ricca di spunti. Solo Gesù poteva pregare il Padre in modo così intimo e profondo; è una preghiera che diventa efficace. Gesù consacra se stesso: la sera prima della sua Passione. Gesù, Figlio di Dio e figlio dell'uomo è l'unico che può consacrare, con la sua divinità la sua umanità. Il suo essere uomo non toglie nulla alla sua divinità e Gesù lo ribadisce proprio quando sta per compiere il gesto della donazione totale; è in questo atto supremo che Gesù può consacrarsi; Lui il Figlio di Dio il Santo per eccellenza, intende qui specificare il suo essere divino e la sua donazione che rende possibile questa consacrazione. La Sua gloria sarà manifesta proprio nel momento dove la sua umanità sembra sconfitta nell'atto totale di dono. È dono totale e Gesù lo dice; non ha bisogno di essere consacrato; lo fa «per loro», per i suoi discepoli e per noi tutti. Egli prega il Padre perché i suoi discepoli siano consacrati nella verità. Gesù può consacrare, il Padre può consacrare e al Padre Egli affida i suoi discepoli. La consacrazione è nella verità; Gesù si è proclamato Via, Verità e Vita. La consacrazione nelle verità è la consacrazione nel Suo nome. È un affidamento totale, compiuto in modo totale da Gesù e richiede la stessa nostra consacrazione; cioè la stessa nostra donazione. La preghiera al Padre di è preghiera efficace ma è invito, è partecipazione, è appello definitivo, per i suoi discepoli e per noi. È invito a partecipare al sua Croce nella nostra donazione ed è appello per la nostra vita.

Apoftegmi - Detti dei Padri

"Un fratello chiese ad un anziano: 'Come trovare il Nome del mio Signore Gesù Cristo?'. L'anziano gli disse: 'Se tu non ami prima la fatica, non puoi trovarlo'".


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

Sappia l'abate che si è assunto l'incarico di guidare le anime e perciò deve prepararsi a renderne conto; e di quanti fratelli egli sa affidati alle sue cure, sia ben certo che nel giorno del giudizio dovrà appunto rendere conto a Dio di tutte e singole queste anime, compresa naturalmente la sua. E così, nel continuo timore dell'esame che, quale pastore, subirà circa le anime a lui affidate, mentre si dà pensiero per il rendiconto altrui, si fa sollecito per il proprio; e mentre con i suoi ammonimenti bada alla correzione degli altri, egli stesso viene emendandosi dei propri difetti.


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