Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 27 novembre 2006

La vedova e i suoi due spiccioli

Il luogo del tesoro dove si depositavano le offerte per il Tempio era collocato nell'atrio delle donne. Il denaro che vi si gettava era espressione della riconoscenza verso il Signore per i tanti suoi benefici, e rientrava in quella decima che era per ogni pio israelita, un soave legame con il Signore. Ma come in tutte le cose umane il male si annida facilmente. Quell'atto così sacro era diventato per molti sfoggio della propria personalità. L'evangelista annota: "Gesù, alzati gli occhi, vide i ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro. Vide pure una povera vedova che stava gettando due spiccioli". In modo solenne Gesù segnala ai suoi discepoli il "più" dato dalla vedova, che dona tutto quanto possiede, indicando in ciò il modello del suo discepolo che mette tutto quanto ha ed è a disposizione di Dio. Il denaro, insieme al consumismo che su di esso si basa, è giunto a costituire per molti il surrogato dell'autentica religione. Tutto è immolato sul suo altare: lavoro, salute, principi morali, famiglia, amici, alfine di apparire, avere potere e godersi la vita. A Dio non si deve né tanto né poco né nulla: Tutto ciò che siamo e abbiamo è dono gratuito del suo amore per noi. "Noi siamo opera delle sue mani". L'unica cosa da fare è corrispondere liberamente a questo suo amore. Questa donna fa con semplicità ciò che è impossibile a tutti, perché ama come è amata. Ella è una dei quei poveri nello spirito, a cui appartiene il Regno dei cieli.


Nel nostro Ordine Benedettino Silvestrino

San Silvestro Abate, soll.

LETTURE 1Re 19,4-9.11-15; Sal 14; Mt 13,44-46

La concomitanza della solennità di Cristo Re dell'universo fa sì che la festa annuale di S. Silvestro slitti di un giorno, dal 26.11. al 27.11. Sarebbe stato bello celebrare il Santo in domenica con un concorso di popolo più ampio, ma le norme liturgiche non lo permettono. D'altronde non si tratta solo di leggi ecclesiastiche, ma ne va di mezzo un dato teologico fondamentale: Gesù è re dell'universo perché tutto da Lui proviene e tutto in Lui si riassume. I Santi hanno dato testimonianza di questa centralità del Cristo ed è giusto che, celebrandola sotto l'immagine della regalità, essi si dispongano in secondo piano rispetto a Colui che è la fonte stessa della santità.
Fatta questa premessa, crediamo che la festa di S. Silvestro, compatrono della città di Fabriano, vada comunque ricordata ai fedeli. Non c'è fabrianese che non abbia sentito parlare di questo Santo. Basta alzare lo sguardo verso ovest per essere colpiti dal grande edificio bianco incastonato tra i boschi di Montefano. Di che si tratta? Di S. Silvestro, risponderanno i fabrianesi. Ma quale Silvestro? A questo punto le risposte si fanno più incerte. Non è il Silvestro del 31 dicembre (quello era un papa dei tempi di Costantino), ma Silvestro da Osimo nelle Marche (prov. di Ancona) che si fece eremita nei dintorni di Fabriano, appunto sul Montefano, e ivi morì il 26 novembre 1267.
Costatata la poca conoscenza della vita e dell'opera di S. Silvestro, quest'anno i monaci hanno preso l'iniziativa, d'accordo con il vescovo e con i parroci, di scendere in città per parlare del loro Santo in preparazione alla sua festa. Così giovedì 23, venerdì 24 e sabato 25 novembre eravamo presenti nelle parrocchie cittadine per celebrare la messa vespertina e proporre una breve riflessione su S. Silvestro. Non saranno molti i fedeli che potremo raggiungere, perché le messe feriali in genere sono scarsamente frequentate, ma anche questo contribuirà a far emergere S. Silvestro dall'oblio in cui lo hanno cacciato l'inesorabile volgere del tempo e la corta memoria degli uomini.
Senza tema di essere tacciati di campanilismo, riteniamo che i fabrianesi dovrebbero essere un po' più riconoscenti verso questo Santo, perché anche per suo merito la loro città è conosciuta in tutti i luoghi in cui la congregazione silvestrina è diffusa. E si tratta di tutti i continenti, perché ai quattro in cui essa è presente da tempo, recentemente si è aggiunta anche l'Africa con la fondazione del monastero di S. Benedetto a Butembo, nella Repubblica democratica del Congo. E' impossibile parlare di Silvestro senza coinvolgere Fabriano che è stata il centro della sua attività quando, lasciata Grottafucile nella Gola della Rossa, si stabilì sul Montefano verso il 1230 in un luogo donatogli da sei cittadini di Serraloggia. Ciò dicendo, non ci illudiamo di far rivivere quel feeling originario che col tempo, come è nella natura delle cose, si è andato affievolendo, ma che almeno si sappia che il Montefano non è solo un punto di riferimento per le escursioni quando il tempo lo permette, ma soprattutto un luogo santificato da un eremita che ha fatto della ricerca di Dio il programma della propria vita e ha insegnato agli altri, a cominciare dalla nostra gente, a fare altrettanto.

(Don Giacomo Tempestini, OSBSilv. dal Monastero San Silvestro in Fabriano)

Apoftegmi - Detti dei Padri

Raccontava del padre Dioscuro, che mangiava pane d'orzo e farina di lenticchie. Ogni anno si proponeva le pratiche di una nuova disciplina. Diceva: "Non avrò incontri con nessuno quest'anno", oppure: "non parlerò", oppure: "Non mangerò nulla di cotto", o ancora: "non mangerò frutta e verdura". Faceva così tutte le pratiche possibili, non faceva in tempo a compierne una che ne inizia un'altra. E ciò avveniva ogni anno.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

I FIGLI DEI NOBILI E DEI POVERI

Se per caso un nobile vuole offrire il proprio figlio a Dio nel monastero e il fanciullo è ancora in tenera età, i genitori scrivano la carta di petizione, di cui abbiamo parlato sopra; e insieme alle offerte della Messa avvolgano nella tovaglia dell'altare la stessa petizione e la mano del fanciullo; e così lo offrano.


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