preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Riferisce l'evangelista Luca che Gesù e i suoi discepoli stavano andando a Gerusalemme. Egli sapeva che andava a morire. Lo muoveva solo un forte desiderio di amore: "Si diresse risolutamente verso Gerusalemme". Passarono vicino ad un villaggio di Samaritani, ma essi si rifiutarono di riceverlo. Anche i samaritani, gli esclusi, escludono l'escluso. Gesù è l'inviato del Padre, che accoglie tutti, per questo è il più piccolo di tutti. Propone il suo messaggio, propone liberamente la sua persona. Quando videro ciò i discepoli dissero: "Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?" Essi desiderano che siano puniti per la loro disubbidienza, quando Gesù si consegna loro per l'obbedienza al Padre e li salva. Contrasto grandissimo fra quel cuore di Dio che cammina verso la salvezza di tutti e quei cuori di discepoli che camminano sì con lui, ma non hanno ancora compreso nessun mistero di salvezza. D'ora in poi il Vangelo non è solo parola da ascoltare, ma anche e soprattutto via da seguire per giungere a contemplare quella croce, manifestazione piena dell'infinito amore di Dio per l'intera umanità. "E voltatosi, li sgridò". Gesù si volge verso di noi che non siamo ancora rivolti pienamente verso di lui. Siamo lontani dall'accogliere personalmente la rivelazione di un Dio di compassione e di tenerezza. "E si avviarono verso un altro villaggio". Il rifiuto è un tassello in più sul suo cammino verso Gerusalemme. Rifiutato dai fratelli,ci salva - attraverso la misericordia e la croce. Qui si manifesta la diversità tra lo spirito dell'uomo e quello di Dio.
L'abba Antonio predisse all'abba Amun: «Tu farai molti progressi nel timore di Dio». Poi lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra: «Mettiti a ingiuriare questa pietra», gli disse, «e colpiscila senza smettere». Quando Amun ebbe terminato, sant'Antonio domandò se la pietra gli avesse risposto qualcosa. «No», disse Amun. «Ebbene! anche tu», aggiunse l'anziano, «devi raggiungere questa perfezione».
SE I MONACI POSSONO AVERE ALCUNCHÉ DI PROPRIO Nel monastero bisogna estirpare fin dalle radici soprattutto questo vizio: che nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate; né avere alcunché di proprio, nulla nel modo più assoluto: né libro, né tavolette, né stilo, proprio niente insomma; dal momento che ai monaci non è lecito disporre nemmeno del proprio corpo e della propria volontà. Tutto il necessario invece lo devono sperare dal padre del monastero; e non sia lecito avere alcuna cosa che l'abate non abbia data o permessa. Tutto sia comune a tutti - come sta scritto - e nessuno dica o ritenga qualcosa come sua proprietà (At 4,32). E se si scoprirà un fratello che asseconda questo pessimo vizio sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.
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