preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La precisazione di Gesù venne da una delle solite critiche dei suoi oppositori. I farisei dicevano ai suoi discepoli: "Perché il vostro maestro mangia con i pubblicani e i peccatori?". Fu durante il banchetto dato da Matteo in occasione della sua conversione e del suo seguire Gesù. Il Maestro rispose: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati". E chi è che non è peccatore, anche se non sempre ci riteniamo tali? La forza di questa massima è liberatoria e consolante: dinanzi a Dio siamo quelli che siamo, senza alcuna vergogna, come un bambino di fronte alla mamma. Nel mondo questo non si può fare. Una delle regole fondamentali della convivenza umana, in un ambito senza fede, è salvare la faccia, costruirci delle apparenze e difenderle a tutti i costi. Matteo era un emarginato dalla salvezza, un discriminato sociale.Tuttavia o proprio per questo, Cristo lo restituisce alla condizione di persona e di figlio di Dio, dandogli fiducia con l'invito a seguirlo. Per il Signore la purezza del cuore, non è quella legale, ma la conversione all'amore, alla misericordia. Gesù rifacendosi alla frase di Dio riportata dal profeta Osea: "Misericordia io voglio e non sacrificio", conferma quanto sta facendo. Per mezzo del profeta, Dio stesso ha affermato che egli dagli uomini non esige in primo luogo il sacrificio, ossia il culto, bensì l'umana misericordia. Il vero culto di Dio deve dimostrarsi in una misericordia sensibile e fattiva. Per mezzo della misericordia divina siamo salvati, e per mezzo della nostra misericordia Dio vuole portare avanti la sua opera di salvezza.
E abba ha detto: Saper parlare è un dono di molti. Saper tacere una saggezza di pochi. Saper ascoltare una generosità di pochissimi.
PROLOGO ALLA REGOLA DI SAN BENEDETTO Ma interroghiamo con il salmista il Signore chiedendogli: «Signore, chi abiterà nella tua tenda, chi dimorerà sul tuo santo monte?» (Sal 14,1). Dopo tale domanda, fratelli, ascoltiamo il Signore che ci risponde mentre ci indica la strada per arrivare alla stessa tenda, dicendo: «Colui che cammina senza colpa e agisce con giustizia; che pronunzia la verità nel suo cuore, che non dice calunnia con la lingua; che non fa danno al suo prossimo, che non lancia insulto al suo vicino (Sal 14,2-3); colui che, respingendo dagli occhi del proprio cuore, insieme con le sue suggestioni il maligno diavolo che lo tentava, lo riduce al nulla (Sal 14,4 Volg.) e i suggerimenti di lui, appena nati, li afferra e li spezza contro Cristo; coloro che, pieni del timore del Signore (Sal 14,4 Volg.), non si insuperbiscono per la loro buona osservanza, ma, convinti che le loro buone azioni non provengono da se stessi quanto piuttosto da Dio, glorificano il Signore che opera in loro, dicendogli col profeta: «Non a noi, Signore, non a noi ma al tuo nome da' gloria» (Sal 113B,1). Così pure l'apostolo Paolo non si attribuiva alcun merito della sua predicazione, affermando: «Per grazia di Dio sono quello che sono» (1 Cor 15,10); e ancora: «Chi si vanta, si vanti nel Signore» (2 Cor 10,17). Per questo anche il Signore proclama nell'Evangelo: «Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia: strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa ed essa non cadde perché era fondata sopra la roccia» (Mt 7,24-25).
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