preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Chi avrebbe mai pensato che Pietro, proprio dopo il suo rinnegamento, avrebbe saputo proclamare la divinità di Cristo con tanto convincimento? E davanti allo zelo di Paolo, persecutore fanatico dei primi seguaci di Cristo, chi avrebbe mai potuto immaginare il suo continuo prodigarsi ovunque per l'annuncio del Vangelo? Due peccatori ci invitano a confidare sempre nel Signore, qualunque sia stato il nostro passato, perché in ognuno di noi, come in loro, c'è sempre un futuro di Dio, molto più meraviglioso e vantaggioso per tutti. Alla richiesta di Gesù, chi fosse lui, Pietro confessa: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente". Questa confessione rispose Gesù - non procede dalla "carne né dal sangue", ma è la rivelazione del Padre mio. Subito dopo Pietro diviene il protagonista d'una promessa formale di Gesù. "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa". Gesù ha pensato e voluto una sola Chiesa, non una molteplicità di Chiese. "Mia", oltre che singolare, è anche un aggettivo possessivo. C'è in questa espressione di Cristo un forte richiamo a tutti i credenti a riconciliarsi con la Chiesa. Rinnegare la Chiesa è come rinnegare la propria madre. S. Cipriano diceva: "Non può avere Dio per padre, chi non ha la Chiesa per madre. Anche Paolo nasce in quella "mia Chiesa". Sbalzato dal cavallo, sente una voce che lo chiamava: "Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?" Rispose: "Chi sei, o Signore?" "Io sono Gesù, che tu perseguiti!" Afferrato da Cristo sulla via di Damasco, nel colmo della sua persecuzione contro i discepoli di Cristo, percorre in un tempo relativamente breve gran parte della zona del Mediterraneo. Tutta la sua vita l'ha offerta a gloria di Dio e al bene dei fratelli. "Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me, ma anche a tutti coloro che attendono con amore la sua manifestazione". Un'altra splendida sintesi dei due Apostoli, l'abbiamo nel prefazio di questo giorno. "Tu hai voluto unire in gioiosa fraternità i due santi Apostoli: Pietro, che per primo confessa la fede nel Cristo, Paolo, che illuminò le profondità del mistero; il pescatore di Galilea, che costituì la prima comunità con i giusti di Israele, il maestro e dottore, che annunziò la salvezza a tutte le genti. Così con diversi doni, hanno edificato l'unica Chiesa. Sarebbe un bel frutto della festa dei santi apostoli Pietro e Paolo, se amassimo di più la Chiesa, che siamo noi, in Cristo.
Disse un anziano: "non chi denigra se stesso è umile, ma chi accetta con gioia insulti e ingiurie da parte del prossimo".
LO ZELO BUONO CHE I MONACI DEVONO AVERE Come c'è uno zelo amaro e maligno (cf. Gc 3,14) che separa da Dio e conduce all'inferno, così vi è uno zelo buono che separa dai vizi e conduce a Dio e alla vita eterna. Ed è appunto in questo zelo che i monaci devono esercitarsi con intensissimo amore; e cioè: si prevengano l'un l'altro nel rendersi onore (Rm 12,10); sopportino con somma pazienza le loro debolezze sia fisiche che morali; facciano a gara nell'obbedirsi a vicenda; nessuno ricerchi il proprio vantaggio ma piuttosto quello degli altri; coltivino l'uno per l'altro un casto amore fraterno; temano Dio nellamore;
amino il loro abate con sincera e umile carità; nulla assolutamente antepongano a Cristo, il quale ci conduca tutti insieme alla vita eterna. Amen.
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