preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Nel brano odierno Gesù stabilisce un criterio di comportamento con tre applicazioni concrete - elemosina, preghiera e digiuno - che non sono esaurienti, in un cammino religioso, ma qualificano la nostra relazione con Dio, con gli altri e con noi stessi. Si badi alla sottolineatura che ne fa Gesù: "Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete la ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli". Questo principio di carattere generale deve essere alla base della nostra coscienza, perché "non si può avere riconoscenza presso il Padre, che è nei cieli, se si agisce per essere ammirati dagli uomini". L'esperienza poi ci insegna, che nessuna lode degli altri, ha il potere di riempire il nostro cuore. Come sempre si tratta, leggendo il Vangelo, di una storia d'amore, che il Signore ci insegna a vivere attraverso queste tre pratiche, molto radicate nella pietà popolare. L'elemosina è più di una moneta fatta scivolare nella mano dell'indigente. Gesù ne indica la via giusta: quel che fai deve restare nel segreto, come il seme gettato nelle viscere della terra. La preghiera è l'espressione dell'orientamento dell'uomo verso il suo Signore. Un orientamento che non può non restare tale, e ha bisogno di non essere frastornato. "Entra nella tua camera", entra nella sua presenza. Davanti a lui esprimerai ciò che sei. Il digiuno, con un colore di festa, è necessario per raggiungere quell'equilibrio per cui ci si può mantenere nel retto uso delle cose. Nessuno cercò con maggior passione di Gesù il compimento della volontà di Dio. E "chiunque fa la volontà del Padre mio, questi è per me fratello, sorella e madre".
Il padre Teodoro racconto: "Quando ero più giovane, ho abitato nel deserto. Un giorno andai al forno per fare due pani, ritrovai un fratello che voleva fare del pane, ma non aveva nessuno che gli desse una mano. Lasciai allora i miei pani per aiutarlo. Ma, appena fui libero, giunse un altro fratello, e ancora gli diedi una mano e feci i pani per lui. Quindi ne giunse un terzo e feci altrettanto, così per tutti quelli che venivano al forno della comunità: feci in tal modo sei infornate di pani. Infine, quando non venne più nessuno, feci i miei due pani".
I PORTINAI DEL MONASTERO Il monastero poi, se è possibile, deve essere organizzato in modo da avere all'interno tutto ciò che è necessario: cioè l'acqua, il mulino, l'orto, le officine per i diversi mestieri; cosicché i monaci non abbiano necessità di andar fuori, cosa questa che non giova affatto alle loro anime.
Vogliamo infine che questa Regola sia letta spesso in comunità, perché nessun fratello possa addurre il pretesto di non conoscerla.
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