Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Sabato 06 maggio 2006

Un linguaggio duro.

Che dinanzi al discorso del Pane di vita entrassero in crisi i giudei, dichiarati nemici di Cristo, potrebbe anche risultare comprensibile, anche se sempre colma di amarezza il rifiuto di un dono dato con immenso amore. Oggi Gesù sperimenta il mormorio esteriore ed interiore dei suoi discepoli: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». Egli interviene ancora per cercare di illuminare le loro menti: «È lo Spirito che dá la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita». Non si tratta quindi di cannibalismo, ma di assumere, nel pane e nel vino, lo Spirito che da vita, la divinità, l'amore, la santa energia che ci rigenera. Se si rimane ancorati alla fisicità della carne e del sangue e non si è capaci di trascendere con la luce della fede per vederne i valori reconditi, l'eucaristia non può essere compresa. Nei segni sacramentali noi scorgiamo la pienezza dell'amore di Dio, che non è più solo dichiarato ed offerto con la verità delle sue parole, ma nella carne e nel sangue del figlio suo, immolato per noi e per tutti, per la remissione dei peccati. Soltanto l'esperienza ci può convincere della sublimità del dono e solo quando sentiamo realmente Cristo in noi diventiamo capaci di squarciare i veli del mistero eucaristico. Molti dei suoi discepoli però abbandonano Gesù: la sua dottrina non è più accessibile alle loro menti, la sua stessa credibilità viene messa in gioco. Rimangono i dodici, ma anche a loro il Signore, chi sa con quanta sofferenza, deve rivolgere un interrogativo: «Forse anche voi volete andarvene?». Queste parole, che risuonano come il flebile lamento dell'amore incompreso, denunciano tutti gli abbandoni e tutte le assenze che, nel corso dei secoli, i "suoi" avrebbero fatto nei confronti della sua mensa divina. È l'amara delusione dello sposo che non vede arrivare gli invitati al banchetto delle sue nozze, che non vede entrare nella sua chiesa coloro che si professano cristiani; rimangono fuori, digiuni e affamati. È sicuramente consolante per Cristo la confessione di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»; in questo contesto però, e non a caso, Gesù ricorda agli apostoli il privilegio per essere stati scelti da lui, ma denuncia anche il tradimento di uno di loro. Può capitare che il primo assente dalla mensa sia proprio il celebrante!


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un anziano diceva: Per questo non facciamo progressi, perché non conosciamo i nostri limiti e non abbiamo pazienza nel compiere l'opera che abbiamo intrapreso, ma vogliamo entrare in possesso della virtù senza alcuno sforzo.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'OSSERVANZA DELLA QUARESIMA

Veramente la vita del monaco dovrebbe avere in ogni tempo un tenore quaresimale; tuttavia, dato che questa virtù è di pochi, raccomandiamo che almeno nel periodo di Quaresima ognuno si impegni a custodire la propria vita con la più grande purezza, e insieme a riparare in questi santi giorni le negligenze degli altri tempi dell'anno. Ora, tutto questo lo possiamo attuare in maniera degna se ci asteniamo da ogni peccato e ci dedichiamo alla preghiera con le lacrime, alla lectio divina, alla compunzione del cuore e all'astinenza.


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