Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Giovedì 23 marzo 2006

Chi non è con me è contro di me.

Il gesto e le parole di Gesù ci mettono in guardia da una sicurezza che non sia fondata su di lui. Appare chiaro che in questo contesto – il brano di oggi - il muto, reso tale dal demonio, rappresenti la mancanza della parola di Dio, della fede, della lode a Dio e la sua guarigione è l'avvento della parola risanatrice di Dio. L'atteggiamento della folla, a miracolo avvenuto, "fu presa da meraviglia", è riconoscere la presenza di Dio. Inizia così il suo Regno, che viene sulla terra quando la lingua "dei poveri" è in grado di sciogliersi nella lode del suo Nome. A questo episodio l'evangelista ha unito il serrato confronto di Gesù con alcuni astanti intorno al suo potere di scacciare i demoni. L'animata discussione è motivata da due diversi atteggiamenti: o Cristo è egli stesso indemoniato che può scacciare se stesso dagli ossessi, o ha un potere divino che dovrebbe dimostrare. Gesù chiarisce il secondo atteggiamento, rispondendo al primo. Contro l'insinuazione di essere indemoniato, ossia schiavo del nemico di Dio, stupendamente egli risponde che inutilmente annunzierebbe la venuta del Regno di Dio, quando questa venuta si prestasse a questo falso gioco. Ne valeva la pena? "Ma se scaccio i demoni in nome di Beelzebul, i vostri figli in nome di chi li scaccia?" Sono anch'essi indemoniati? La conseguenza è incalzante: è all'opera il dito di Dio. Gesù annuncia che sta per realizzarsi tra loro il Regno di Dio. Ormai si richiede una scelta intransigente fra il più forte e il più debole. Cristo è molto chiaro: "O con me o contro di me". Nella vita personale c'è questo gioco di scelte continue dove il male e il bene si osteggiano; e il credente deve saper cogliere il bene e respingere il male.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Si domandò al nostro santo padre Atanasio, l'arcivescovo di Alessandria: «In qual modo il Figlio è uguale al Padre?». Rispose: «Come la vista nei due occhi».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

LE COLPE PIÙ GRAVI

Il fratello invece che si macchia di colpe più gravi venga escluso sia dalla mensa che dall'oratorio. Nessuno dei fratelli abbia alcun rapporto con lui, né gli rivolga la parola. Egli se ne stia solo al lavoro che gli è stato assegnato mantenendosi nell'afflizione della penitenza, memore di quella terribile sentenza dell'apostolo che dice: «Un tal individuo sia consegnato alla morte della carne, affinché il suo spirito possa ottenere la salvezza nel giorno del Signore» (1 Cor 5,5). Prenda il cibo da solo, nella misura e nell'ora che l'abate giudicherà più opportuna per lui. Nessuno incontrandolo lo benedica e non sia benedetto neppure il cibo che gli viene dato.


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