Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Domenica 26 febbraio 2006

Ma verranno i giorni in cui sarà loro tolto lo sposo e allora digiuneranno.

Gesù, Giovanni Battista ed i farisei. Tre maestri con tre scuole di discepoli. Gli unici che non digiunano sono i discepoli di Gesù; gli viene conto di questa differenza. Gesù risponde senza scomporsi più di tanto a quello che assomiglia ad una critica non tanto velata. La sua risposta è divisa in due parti. Nella prima Egli si qualifica come Sposo, nella seconda la sua attenzione è rivolta alla vita cristiana stessa. Tra queste due vi è un chiaro riferimento alla sua Morte e Resurrezione. È un raccordo importante e che si proietta anche per la nostra vita. La vita cristiana è sempre una palestra per noi, una palestra nella quale dobbiamo irrobustirci nella fede e nell'amore.
Gesù realizza l'amore e la nostra fede in Lui significa realizzare, noi, nella nostra vita questo amore infinito. In Gesù allora abbiamo la base della nostra fede e la fonte dell'amore. In questa palestra, allora, tutto ciò che serve alla nostra fede e che migliora il nostro amore è ben accetto. Non c'è niente cha abbia valore in sé se non inserito in questo progetto. Quando riconosciamo in Gesù il vero ed unico Sposo, allora potremo comprendere il suo messaggio di Amore e potremo realizzarlo. Anche il digiuno, che lo stesso Gesù ci raccomanda, non è un fine; non ha pretese curative ma ha valore se serve per amare di più e meglio. Ha valore se corrisponde ad un nostro atteggiamento di fede. Pensiamo, un momento all'Eucaristia, quando assumiamo il corpo sacramentale di Gesù? Cosa altro possiamo chiedere per la nostra vita? Di cosa abbiamo ancora bisogno? Il digiuno significa allora comprendere che solo in Gesù abbiamo tutto il necessario per la nostra vita.


Apoftegmi - Detti dei Padri

«Quando tu desideri conoscere la tua misura, quale tu sei, se la tua anima è sulla strada o ne è fuori; (o desideri conoscere) la tua saldezza o la tua pochezza, metti alla prova la tua anima nella preghiera. Questa è infatti lo specchio dell'anima, e il saggiatore delle sue macchie e della sua bellezza. Lì si rivelano la falsità e le bellezze del pensiero... Nel tempo della preghiera si vede, in modo luminoso, da cosa è mosso o in quali moti si affatica il pensiero».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUANTI SALMI DEVONO DIRSI ALL'UFFICIO NOTTURNO

Durante il periodo invernale si dica [prima il versetto: «O Dio, vieni a salvarmi» (Sal 69,2), e poi] per tre volte: «Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode» (Sal 50,17); cui si aggiunga il salmo e il Gloria; 3quindi il salmo 94 con l'antifona oppure cantato lentamente; segua l'inno; poi sei salmi con le antifone. Finiti questi e detto il versetto, l'abate dia la benedizione; allora tutti siedano negli scanni e i fratelli a turno leggano dal codice posto sull'ambone tre letture intercalate dal canto di tre responsori. Due responsori si cantino senza il Gloria, ma dopo la terza lettura il lettore aggiunga il Gloria; e appena intonato, tutti immediatamente si alzino dai loro sedili, in onore e riverenza alla Santa Trinità.


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