Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Venerdì 13 gennaio 2006

Gesù Cristo, la guida del suo popolo pellegrinante, dell'umanità.

La persona paralizzata di cui ci parla il vangelo può rappresentare tutta l'umanità che non cammina, non cresce non va avanti. Forse non cammina perché non ha trovato la guida sicura o ha cambiato la guida, oppure l'ha persa. Il popolo di Israele vuole avere un re umano che lo guidi rifiutando il vero e l'unico re che è Dio. Dio stesso lo permette dandogli così l'occasione di capire che è proprio lui stesso la vera guida nei momenti sia buoni sia difficili. Il re così desiderato dal popolo antico, è Gesù Cristo. Il ritornello del salmo lo conferma: Sei tu, Signore, la guida del tuo popolo. Egli è il vero re perché in lui misericordia e fedeltà fanno corona alla sua potenza ed egli domina su tutto. In lui la giustizia e il diritto sono la base del suo trono. Egli ha il potere di perdonare, di rimettere i peccati. Per questo merita di essere glorificato, benedetto come lo fanno quelli di cui il vangelo parla. Essi diventano quel popolo beato che sa acclamare il Signore e che cammina alla luce del suo volto (Sal 88, 16). Cristo è questa guida ed essere con lui è camminare alla luce del suo volto. Chi non cammina con lui è come la persona paralizzata del vangelo. Egli è venuto per portare tutti, per guidare tutti verso il Padre. Come possiamo fare per essere con Cristo e averlo come guida? A noi viene chiesta la fede, una fede creativa nell'annuncio della parola di Dio. Ci vuole un fede testimoniata con la propria vita, una parola vissuta, praticata nell'amore. Questa può condurre l'umanità paralizzata verso Cristo.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Abba Irinio disse: Non ti stai fermando perché stai invecchiando. Stai invecchiando perché ti stai fermando.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

L'abate, che è ritenuto degno di essere posto a capo del monastero, deve sempre ricordarsi di come viene chiamato e confermare con i fatti il suo nome di superiore. Si sa invero per fede che nel monastero egli fa le veci di Cristo, dal momento che viene chiamato col suo stesso nome, secondo la parola dell'apostolo: «Avete ricevuto uno spirito da figli adottivi per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!» (Rm 8,15).


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