preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La frantumazione della legge aveva fatto degenerare in uno sterile formalismo la religiosità del popolo d'Israele. Finalmente c'è qualcuno che cerca l'essenziale e vuole scoprire una gerarchia nella selva dei precetti: "Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?" L'interrogante non è mosso proprio da zelo autentico; è un dottore della legge che ritiene ancora una volta di mettere in imbarazzo il Signore. La richiesta conserva comunque tutta la sua validità ed importanza. Gesù, sapendo di parlare con un fariseo, riprende un testo del Deuteronomio, dove è contenuta la Torah, il cammino della vita. Secondo Gesù tutto s'incentra nell'appello all'amore a Dio e al prossimo: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti». È un'anticipazione del comandamento nuovo che lo stesso Gesù scandirà. Ci appaiono evidenti le motivazioni teologiche del comando del Signore: Dio è amore nella sua essenza, egli è il nostro creatore e Signore, ci ha creati per se, per amore e ci ha quindi legati a se con vincoli indissolubili da vivere, sperimentare e godere nel tempo e nell'eternità. Creatore e creatura, come genitore e figlio, istintivamente, salvo aberranti deviazioni, sono uniti dall'amore. Quando poi prendiamo coscienza che quell'amore si spinge fino all'immolazione, al dono della vita in una ineguagliabile passione, fino alla morte, il bisogno di ricambiare quell'immenso dono diventa urgenza insopprimibile. Facciamo un prodigioso passaggio dalla somiglianza connaturale, impressa in noi con la creazione, a quella soprannaturale scaturita dalla redenzione. Non siamo quindi più schivi ed estranei di Dio, ma figli ed eredi e come tali abbiamo l'onore e l'ardire di chiamarlo con l'appellativo di Padre. È poi normale che in lui ci scopriamo anche fratelli, essendo figli dell'unico Signore che sta nei cieli. Accomunati dall'unica fede, amati dall'unico Padre, in cammino verso lui insieme come umanità e come chiesa, la nostra fraternità non può non essere vissuta che nell'amore, in Dio, nostro Padre, Padre di tutti.
«Tutto ciò che sorpassa la misura viene dai demoni»
L'UMILTÀ Il quinto gradino dell'umiltà si sale quando, tutti i cattivi pensieri che vengono in mente o i peccati commessi in segreto, il monaco li rivela con umile confessione al proprio abate, come ci esorta a fare la Scrittura quando dice: «Manifesta al Signore la tua via e confida in lui ed egli compirà la sua opera» (Sal 36,5); e ancora: «Confessatevi al Signore perché è buono, perché eterna è la sua misericordia» (Sal 117,1). Così pure il profeta dice: «Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore; ho detto: Confesserò al Signore le mie colpe e tu hai rimesso la malizia del mio peccato» (Sal 31,5).
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