Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

[menu] [seleziona le letture da stampare]
 

Commento alle Letture

Domenica 03 aprile 2005

Mio Signore e mio Dio!

San Tommaso: "Sii' credente!"L'evangelista Giovanni, con rara efficacia, riesce a mostrarci, ricorrendo alla descrizione degli elementi esteriori, le situazioni interiori e intime delle persone: nella pericope odierna prevalgono inizialmente le tenebre, il buio della notte, le porte chiuse, il timore dei giudei. Noi leggiamo il tutto in senso traslato e spirituale. Scopriamo il buio dei cuori, le chiusure degli animi e il persistere della paura. Sono questi sentimenti che ci accomunano agli apostoli e coincidono quasi sempre con l'assenza di Cristo o preludono ad un suo consolante intervento. Quante volte costatiamo che egli si inserisce dentro le nostre storie, dentro il nostro buio per diventare la nostra luce, darci il suo conforto. Mostra le sua mani trapassate dai chiodi, il suo costato squarciato dalla lancia per sollecitarci a comprendere il recondito valore che egli ha voluto dare alla sofferenza in tutte le sue manifestazioni e come anche le nostre, se unite alle sue, diventano motivo di redenzione e di salvezza. Egli l'ha sperimentato sulla sua carne, ha sperimentato anche il buio del sepolcro, ma proprio per quei patimenti ora può dire con assoluta verità ed efficacia: "Pace a voi!" e infondere coraggio ai suoi che sono al buio e spauriti. Per il sacrificio offerto al Padre, ora può alitare Amore sugli Apostoli e dare loro il mandato di assolvere e perdonare, un Amore da trasfondere con il sacramento della riconciliazione. Tommaso non crede alla testimonianza dei suoi compagni. Egli desidera una testimonianza più forte, vuole toccare con mano i segni della passione sul corpo del suo Signore, vuole attraverso quei segni sorbire l'amore non solo per credere, ma per amare. Gesù soddisfa il suo desiderio e gode della risposta dell'Apostolo incredulo: "Signore mio e Dio mio". Soltanto da Tommaso ascoltiamo una simile espressione così turgida di fede e di amore. Il Signore si rivolge poi a noi definendoci beati se siamo capaci di credere non con la visione della carne, ma solo con lo sguardo velato della fede.


DOMENICA DELLA MISERICORDIA DIVINA

Gesù disse a Suor Faustina: “Desidero che la Festa della Misericordia sia un rifugio e un riparo per tutte le anime e specialmente per i poveri peccatori. In quel giorno sono aperte le viscere della mia Misericordia, riverserò tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicineranno alla sorgente della mia Misericordia. L'anima che si accosta alla confessione (entro 8 giorni prima o dopo la “domenica della Misericordia”) ed alla Santa Comunione, riceve il perdono totale delle colpe e delle pene. In quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me, anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto” (Diario 699). “Figlia mia, dì che la Festa della mia Misericordia è uscita dalle mie viscere a conforto del mondo intero” (Diario 1517).
Gesù desidera che questa festa sia celebrata la prima domenica dopo Pasqua. Gesù ha fatto una grande promessa per chi riceve il sacramento della Confessione e della Comunione in tal giorno: il perdono totale dei nostri peccati e la remissione delle pene! Si tratta di un'indulgenza plenaria, come quella ricevuta nel Battesimo.

Apoftegmi - Detti dei Padri

L'abba Antonio predisse all'abba Amun: «Tu farai molti progressi nel timore di Dio». Poi lo condusse fuori dalla cella e gli mostrò una pietra: «Mettiti a ingiuriare questa pietra», gli disse, «e colpiscila senza smettere». Quando Amun ebbe terminato, sant'Antonio domandò se la pietra gli avesse risposto qualcosa. «No», disse Amun. «Ebbene! anche tu», aggiunse l'anziano, «devi raggiungere questa perfezione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

SE I MONACI POSSONO AVERE ALCUNCHÉ DI PROPRIO

Nel monastero bisogna estirpare fin dalle radici soprattutto questo vizio: che nessuno ardisca dare o ricevere qualcosa senza il permesso dell'abate; né avere alcunché di proprio, nulla nel modo più assoluto: né libro, né tavolette, né stilo, proprio niente insomma; dal momento che ai monaci non è lecito disporre nemmeno del proprio corpo e della propria volontà. Tutto il necessario invece lo devono sperare dal padre del monastero; e non sia lecito avere alcuna cosa che l'abate non abbia data o permessa. Tutto sia comune a tutti - come sta scritto - e nessuno dica o ritenga qualcosa come sua proprietà (At 4,32). E se si scoprirà un fratello che asseconda questo pessimo vizio sia ripreso una prima e una seconda volta; se non si corregge, sia sottoposto alla disciplina regolare.


home  |  commento  |  letture  |  santi  |  servizi  |  archivio  |  ricerca  |  F.A.Q.  |  mappa del sito  |  indice santi  |  preghiere  |  newsletter  |  PDA  |  WAP  |  info


Questa pagina è in una versione adatta alla stampa, agli smartphone e ai PDA.
URL: https://liturgia.silvestrini.org/p/commento/2005-04-03.html
Versione completa online:
https://liturgia.silvestrini.org/commento/2005-04-03.html

i-nigma smart code
SmartCode: https://www.i-nigma.com/