Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Domenica 27 febbraio 2005

Un itinerario di conversione.

La parola "sete" è ricorrente nei testi sacri e non indica quasi mai soltanto il bisogno fisico di dissetarsi. Già un salmista diceva nella sua preghiera: "di te ha sete l'anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz'acqua". La sete dell'anima indica la brama di un bene spirituale urgente di cui si è privi. La terra deserta e arida, senz'acqua è lo stato di estrema indigenza, è il vuoto della fede, il vuoto del bene e degli ideali o addirittura lo spirito umano pervaso da acque inquinate, torbide e velenose. In questo contesto comprendiamo il lungo episodio del vangelo di oggi. Giovanni fotografa un Gesù stanco, che siede per riposarsi al pozzo di Giacobbe, ma che in verità è in attesa di un incontro particolare, esclusivo con una donna samaritana. Lei viene ad attingere acqua ad un pozzo, le capiterà di incontrare la fonte. Il Signore chiede da bere a quella donna, vuole intessere con lei un dialogo, ma in realtà vuole dissetarla di un acqua diversa da quella che abitualmente viene ad attingere a quel pozzo. «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva». Colui che prima chiede ora è pronto a dare. Vuole soltanto far emergere nella donna il significato più profondo della sete, trasferire la sua attenzione da bisogni del copro a quelli più urgenti dell'anima e convincerla che colui le parla è in grado di spegnerli per sempre: "chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete". Ora finalmente la samaritana è capace di guardarsi dentro, di accogliere nella verità che le vengano svelati i suoi disordini morali e di confessarli al divino interlocutore. A quel punto il discorso può affondare in argomenti ancora più profondi ed impegnativi: dove a come adorare l'unico Dio? La risposta di Cristo apre a dimensioni nuove: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre". Poi Gesù precisa meglio il suo discorso: "È giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità". Spirito e verità: è l'acqua salutare che Gesù le ha donato. L'approdo finale è la fede piena, generata da Cristo nel cuore della donna, dove egli ha riversato abbondantemente la sua acqua: lei afferma e chiede: «So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa». Le disse Gesù: «Sono io, che ti parlo». Ora, come Gesù le aveva promesso, la donna è diventa una fervente testimone del Cristo, una fontana zampillante: "L'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna". Anche dallo stupore degli apostoli reduci dalla città per provvista di cibo, Gesù trae altri insegnamenti e prenderà lo spunto dal pane e dal bisogno naturale della fame: «Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete». Poi precisa: «Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera». Un itinerario di conversione e un programma di vita quaresimale che vale per ciascuno di noi.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Le distrazioni nella preghiera.

«Il padre Teodoro di Ennaton disse: "Se Dio ci imputasse le negligenze nella preghiera e le distrazioni durante la salmodia, non potremmo essere salvati"».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUANTI SALMI DEVONO DIRSI ALL'UFFICIO NOTTURNO

I testi poi da leggere nelle Vigilie siano quelli di divina autorità sia dell'Antico che del Nuovo Testamento, nonché i loro commenti fatti dai padri cattolici di rinomata fama e di sicura dottrina. Dopo le tre letture con i propri responsori, seguano altri sei salmi da cantarsi con l'Alleluia; quindi una lettura dell'Apostolo da recitarsi a memoria, il versetto, la supplica litanica ossia il Kyrie eleison; e così si concluda l'Ufficio notturno.


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