preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Non hanno bisogno di grandi spiegazioni le letture di oggi. Sono di una chiarezza e semplicità straordinaria, si capiscono facilmente. In questo primo giorno di Quaresima la Chiesa ci dà il giusto orientamento. Ci chiede, con san Paolo, di accogliere la grazia, nel momento favorevole, di non lasciarla passare invano, perché è "questo", perché è "ora", perché "adesso" è il giorno della salvezza. Nel vangelo invece il Signore ci indica la strada, ci indica quale deve essere il nostro atteggiamento, il nostro comportamento. In modo particolare insiste sulla rettitudine interiore, sulla purezza della nostra intenzione. Se dobbiamo digiunare ad esempio non dobbiamo suonare le campane per farci vedere quanto siamo bravi. Questo bellissimo vangelo, forse dovremmo leggerlo più spesso; innanzitutto perché ci dice qual'era l'orientamento stesso del Signore, che non faceva niente per essere visto, per essere ammirato dagli uomini ma tutto il suo operare scaturiva dalla sua vita, dalla sua vicinanza al Padre celeste, scaturiva dall'amore che egli aveva per gli ammalati, per gli afflitti, per i poveri. E Matteo ci presenta tre esempi: l'elemosina, la preghiera e il digiuno. Ma l'evangelista, in tutti e tre casi mette in evidenza una tentazione comune. Quando facciamo qualcosa di bene, subito nasce in noi il desiderio di essere stimati per questa buona azione, di essere ammirati, di aver cioè la nostra ricompensa falsa: è solo la gloria umana, la nostra soddisfazione, il nostro piacere
E tutto questo non fa altro che racchiuderci in noi stessi, perché viviamo, pensiamo, siamo proiettati verso quello che gli altri dicono di noi, lodano in noi, ammirano in noi. Invece il Signore ci chiede di fare il "bene" solo perché è "bene" e la nostra ricompensa vera è solo quella di Dio, solo quella che il Signore ci vorrà dare.
Ecco, iniziamo dunque questa nostra quaresima, il tempo di grazia e di preghiera, di penitenza e di digiuno. Ma sia il nostro atteggiamento in questo tempo, sia di vivere nel segreto, di vivere nella nostra stanza con la porta chiusa, essendo sicuri che il Padre ci vede anche nel segreto, ci vede, ci ama, e ci aspetta. Certo che le cose esteriori anch'esse sono importanti, ma dobbiamo sempre viverle alla presenza di Dio. Se possiamo fare "poco" facciamo quel "poco" che possiamo fare, ma nell'amore di Dio. E quel "poco" sarà più valido di un "molto", ricercando la stima degli uomini, degli altri. Facciamo in questi giorni, nella preghiera nella mortificazione, nella carità fraterna quello che possiamo fare. Umilmente, sinceramente davanti a Dio. E saremo degni delle ricompense celesti che il Padre ha promesso a coloro che lo amano. Ci aiuti Maria santissima a purificare le nostre intenzioni.
«Abba Poemen ha riportato queste parole di abba Ammone: "Un uomo passa tutto il suo tempo a portare la scure e non riesce ad abbattere l'albero; c'è un altro invece che è esperto nel tagliare e con pochi colpi lo fa cadere". E diceva che la scure è il discernimento».
L'UMILTÀ Quindi, fratelli, se vogliamo toccare la vetta della più grande umiltà, se vogliamo giungere velocemente alla esaltazione celeste a cui si sale attraverso l'umiltà della vita presente, dobbiamo innalzare, ascendendo con le nostre azioni, quella scala che apparve in sogno a Giacobbe e per la quale egli vide angeli che scendevano e salivano (cf. Gen 28,12). Per noi quel discendere e quel salire stanno senz'altro a significare che con la superbia si discende e con l'umiltà si sale.
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