preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Noi, esseri umani, ordinariamente stiamo tutti molto attenti per comprendere e definire al meglio i contorni della normalità e cerchiamo di conformarci ad essi per essere felicemente annoverati nella schiera dei normali. Ci siamo dotati perciò di norme e di parametri sempre più precisi perché fossero universalmente accolti. Nonostante ciò sono frequenti i casi in cui si confondono i giudizi e si stravolgono i valori. È capitato e capita spesso di confondere lo zelo per le cose di Dio, il fervore che spinge fino all'eroismo, l'amore che diventa dono totale di se all'altro, con la pazzia. Tra l'altro i primi accusatori e i malpensanti provengono spesso dai parenti e dagli amici o dai confratelli. Le vite dei Santi sono cosparse di episodi, nei quali emerge questo grossolano errore di ritenere alienati mentali persone che invece vivevano l'eroismo della santità. Ricordiamo figure eccelse come San Giovanni Bosco e, più vicino a noi, il Beato Padre Pio e tantissimi altri. Prima di loro è rimasto vittima di simili pregiudizi lo stesso Signore Gesù. Attorniato dalla folla, bramosa di ascoltarlo, sia Lui che gli astanti dimenticano di soddisfare anche le necessità più urgenti: "non potevano neppure prendere cibo". Da ciò la facile deduzione dei discepoli, che escono per andare a prenderlo, perché dicevano: «È fuori di sé». Soltanto chi è pervaso dallo stesso zelo, è animato dalle stesse convinzioni, nutre la stessa ansia di bene, può comprendere certe scelte e certi comportamenti. La pazzia del Cristo troverà il suo pieno compimento nella morte volontaria sul patibolo della croce, dopo aver annunziato un parametro di giudizio davvero sconvolgente: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici".
"Un fratello chiese ad un anziano: 'Come trovare il Nome del mio Signore Gesù Cristo?'. L'anziano gli disse: 'Se tu non ami prima la fatica, non puoi trovarlo'".
QUALE DEVE ESSERE L'ABATE Sappia l'abate che si è assunto l'incarico di guidare le anime e perciò deve prepararsi a renderne conto; e di quanti fratelli egli sa affidati alle sue cure, sia ben certo che nel giorno del giudizio dovrà appunto rendere conto a Dio di tutte e singole queste anime, compresa naturalmente la sua. E così, nel continuo timore dell'esame che, quale pastore, subirà circa le anime a lui affidate, mentre si dà pensiero per il rendiconto altrui, si fa sollecito per il proprio; e mentre con i suoi ammonimenti bada alla correzione degli altri, egli stesso viene emendandosi dei propri difetti.
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