preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
Vigilante nell'attesa: è questo l'atteggiamento costante del cristiano. Egli è consapevole di essere peregrino ed ospite in questo mondo, l'attende quindi un passaggio, un ritorno, una meta ed un incontro finale. Non conosce ne il momento ne l'ora, quindi non può concedersi pause o distrazioni. Deve essere ben consapevole che le "pesantezze" di cui parla il Signore si accumulano quotidianamente dentro di noi inizialmente come tarli nascosti per poi diventare come macigni inamovibili. Per evitare questo pericolo il cristiano frequentemente esamina la sua coscienza alla luce della parola di Dio. Si guarda come in uno specchio, ma dall'altra parte non vede se stesso, ma il modello divino a cui deve conformarsi. È un attento ascoltatore della Parola rivelata perché la scruta come lampada per i suoi passi e come luce sul suo cammino. La preghiera diventa il suo alimento quotidiano per nutrirsi di verità e adeguare la sua vita ad essa. Pregare per il buon cristiano è come immergersi in Dio, ritornare come alito nel cuore del Padre per essere purificato sette volte. Sgorga per lui una fontana di acqua viva che zampilla come abbandono nella braccia del Padre celeste. Può ripetere con il salmista: "Io sono tranquillo e sereno come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l'anima mia". Allora gli affanni della vita scompaiono e lo spirito si libra verso l'Alto a cercare le cose di lassù, ad affermare il primato di Dio nella propria vita. Le parola del Signore gli risuona provvida, facili e suadente: "Perciò vi dico: per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete; la vita forse non vale più del cibo e il corpo più del vestito? Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?". Il frutto garantito di tale fede e tale vigilanza è la forza di sfuggire al male e ai mali che possono accaderci: tutta la nostra fiducia l'abbiamo ormai riposta soltanto nel Signore ed egli veglia su ciascuno di noi con amore di Padre.
Raccontava del padre Dioscuro, che mangiava pane d'orzo e farina di lenticchie. Ogni anno si proponeva le pratiche di una nuova disciplina. Diceva: "Non avrò incontri con nessuno quest'anno", oppure: "non parlerò", oppure: "Non mangerò nulla di cotto", o ancora: "non mangerò frutta e verdura". Faceva così tutte le pratiche possibili, non faceva in tempo a compierne una che ne inizia un'altra. E ciò avveniva ogni anno.
I FIGLI DEI NOBILI E DEI POVERI Se per caso un nobile vuole offrire il proprio figlio a Dio nel monastero e il fanciullo è ancora in tenera età, i genitori scrivano la carta di petizione, di cui abbiamo parlato sopra; e insieme alle offerte della Messa avvolgano nella tovaglia dell'altare la stessa petizione e la mano del fanciullo; e così lo offrano.
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