Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Domenica 17 ottobre 2004

La preghiera ossigeno dell'anima

Nella prima lettura che la liturgia oggi ci propone, possiamo notare che la vita cristiana non e una vita da deresponsabilizzati, trascorsa nell'ozio e nella tranquillità. Già la sola ricerca di Dio porta a vivere nel combattimento quotidiano, ogni giorno siamo chiamati a scoprirlo e sceglierlo come unico Dio della nostra vita. L'arma potente e vincente per sostenere il combattimento è la preghiera. Mosè è un uomo che Dio si è scelto come condottiero del suo popolo e la sua docilità facilmente lo rende strumento d'intercessione. Il brano non ci da le parole pronunciate da Mosè durante la preghiera ma ne mette in evidenza l'atteggiamento che è quello di una preghiera esistenziale. Le mani alzate sono un grido d'aiuto a Dio. La preghiera è dunque la luce dell'anima. Mosè ritto sul colle porta tra le mani il "bastone di Dio", uno strumento che già precedentemente nella storia degli Israeliti compie le opere di Dio ed ha un ruolo vincente. Questo indica che il vero protagonista, combattente e responsabile della vittoria è il Signore. Noi siamo impossibilitati ad intraprendere per noi la difesa, l'unico che può soccorrerci e difenderci è Dio. E quando Dio interviene? Quando viene meno ogni speranza umana, quando sperimentiamo la nostra miseria, il nostro niente e non possiamo che sperare in Lui solo. In diversi passi dell'Antico Testamento vediamo che ogni qual volta il popolo d'Israele confida in Dio rinunciando alle proprie forze, alla gloria, alla menzogna e crede nell'efficacia della preghiera e ha fiducia in Lui non soccombe al nemico ma ne è vittorioso.
Dobbiamo riconoscere Dio come il Dio della storia che fa bene ogni cosa, anche quando ci prova per ricondurci a Sé. Noi non viviamo che nel palmo della sua mano. Egli vigila sempre su di noi con la sua amorosa protezione rispettando la libertà che Lui stesso ci ha donato e che col peccato noi abbiamo snaturato e pervertito. Nulla accade per caso ma tutto è voluto o permesso da Dio. L'esito della battaglia tra Giosuè e Amalek dipende dalle mani di Mosè quando le alza prevale Israele, cioè quando riconosciamo Dio come nostro Padre e fiduciosi gridiamo a Lui senza farci scoraggiare e prevalere dal dolore, delusione, contrarietà, persecuzioni e sfiducia in Lui siamo più che vincitori. Invece quando le fa cadere per la "stanchezza" è Amalek che vince, cioè quando ci lasciamo sopraffare dalla debolezza perché non crediamo più in Dio come Colui che è Amore e smettiamo di gridare e vivere intimamente con Lui, ecco che il nemico ci sconfigge e diveniamo vittime di noi stessi, della mentalità del mondo, delle affascinanti e ingannevoli tentazioni del demonio: dell'accidia, dell'ira, della sensualità, della cupidigia, e tutto è più potente di noi,ci schiaccia e ci uccide. La preghiera, allora deve essere continua, incessante e inopportuna così come ci viene detto anche dal Vangelo di oggi. E' dalla preghiera che prendiamo vita e ci rinnoviamo. Un altro punto da notare in questo passo dell'Esodo è la collaborazione di Aronne e Cur. Ecco che la preghiera non è solitaria ma coadiuvata da altri, questo deve spronarci a non chiuderci in noi stessi, l'orgoglio non deve far pesare il fallimento, ma dobbiamo avere la semplicità e l'umiltà di chiedere aiuto, di lasciarci aiutare da chi Dio mette al nostro fianco e anche darlo a chi ce lo chiede. La preghiera di Mosè sul colle si trasforma in azione sul campo permettendo a Giosuè di sconfiggere Amalek, il nemico che è l'ostacolo per raggiungere la Terra Promessa, la nostra Vita Eterna. Questo ci rivela come Mosè e Giosuè si completano nel compiere l'opera di Dio, mostrandoci come la contemplazione e l'azione non si escludono ma si fondono e si alimentano così come ce l' ha trasmesso il nostro caro Patrono d'Europa, S. Benedetto da Norcia avendolo pienamente capito e vissuto nelle tappe di esperienza della sua vita. La seconda lettura ci dice che la preghiera è anche ascolto e risposta alla Parola di Dio. Per metterci in ascolto è necessario avere tanta umiltà poiché la Parola provoca sempre un giudizio perché rivela la verità di Dio ai nostri cuori e guai a noi a soffocarla. Dobbiamo sottometterci ad essa per riceverla come grazia che ci porta alla Vita Eterna . La Parola sarà sempre inopportuna perché è controcorrente rispetto alle nostre viltà ed egoistiche preferenze. E' bello annunciare Cristo risorto? E che prima è morto sulla croce? perché la croce sarà sempre follia per i pagani e scandalo per i Giudei! E annunciarlo a chi?Prima di tutto a noi stessi e poi agli altri e non solo con le parole ma con i fatti. Lasciamoci giudicare dalla Parola per trovarci completi e ben preparati per ogni opera buona. Luca ci dice che la preghiera non è un rituale magico ma è autentica ed efficace nella misura in cui è libera. Dio che è il Santo ed Eterno Giudice si lascia "violentare" ben volentieri da chi lo prega con perseveranza e fede.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un fratello era assalito da molto tempo dal demone dell'impurità e malgrado molti sforzi non riusciva a sbarazzarsene. Una volta, mentre era alla Sinassi, si sentì come d'abitudine tormentato dalla passione; decise dunque di trionfare sulla macchinazione del demonio e di chiedere ai fratelli di pregare per lui affinché fosse liberato. E, sprezzando ogni vergogna, si mise nudo davanti a tutti i fratelli e mostrò l'azione di Satana: «Pregate per me, padri e fratelli miei», disse, «perché sono quattordici anni che sono così combattuto»; e subito il combattimento si allontanò da lui, grazie all'umiltà che aveva mostrato.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

IN QUALI ORE I FRATELLI DEVONO PRENDERE I PASTI

Dalla santa Pasqua fino a Pentecoste i fratelli pranzino a sesta e cenino la sera. Da Pentecoste poi per tutta l'estate, se i monaci non devono attendere ai lavori dei campi e se l'eccessivo calore estivo non lo impedisce, il mercoledì e il venerdì digiunino fino a nona; negli altri giorni pranzino a sesta. Ma se avessero lavori nei campi o la calura estiva fosse opprimente, si mantenga il pranzo a sesta anche in quei due giorni; e ciò sia rimesso al provvido giudizio dell'abate; egli appunto deve regolare e disporre le cose in modo che le anime si salvino e quello che i fratelli fanno, lo facciano senza alcun fondato motivo di mormorazione.


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