Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Domenica 02 maggio 2004

Le mie pecore non andranno mai perdute.

L'immagine del pastore e delle pecore è frequente nella bibbia sin dall'antico testamento. Nei primo libro dei re per descrivere uno stato di desolazione e di sbandamento del popolo eletto leggiamo: «Vedo tutti gli Israeliti vagare sui monti come pecore senza pastore» e il profeta Zaccaria in una situazione analoga dice: "Vanno vagando come pecore, sono oppressi, perché senza pastore". Un salmista invece, volendo predire la sorte di coloro che confidano in se stessi e non nel Signore, che si affidano al proprio orgoglio, così si esprime: "Come pecore sono avviati agli inferi, sarà loro pastore la morte". Nel libro di Giuditta, nel suo primo incontro con Oloferne, leggiamo: "Tu li potrai condurre via come pecore senza pastore e nemmeno un cane abbaierà davanti a te". Gesù ricorre spesso a queste stesse immagini, molto familiari ai suoi ascoltatori. Egli si commuove dinanzi alla folla: "Perché erano come pecore senza pastore". Anche nel giudizio finale riappare la figura del pastore e delle pecore: "E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri". Gesù oggi si proclama pastore, che conosce le sue pecore. Queste a loro volta conoscono la voce del pastore buono, è per loro una voce amica, è la loro guida ai pascoli migliori, si sentono da lui protette. Si instaura una relazione di amicizia, un autentico rapporto di amore. I presupposti sono la docilità nell'ascolto della voce divina da parte delle pecore e la cura amorosa da parte del pastore; una cura che significa per Cristo il dono della vita. Siamo così nella mani di Dio e nessuno può rapirci dalle sue mani perché dice Gesù: "Io e il Padre siamo una cosa sola". Il dono finale è per noi la vita eterna, l'approdo alla meta ultima della nostra vita. È il frutto della redenzione, è la nostra Pasqua da vivere nel tempo e attendere nell'eternità.


Apoftegmi - Detti dei Padri

L'Abba Antonio disse: Come i pesci, se restano per lungo tempo a secco, muoiono, così anche i monaci, se restano a lungo fuori della cella o si trattengono con la gente profana, vengono distolti dalla meditazione che si sono prefissi.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

IL LAVORO MANUALE QUOTIDIANO

Dal 1° ottobre fino all'inizio della Quaresima si dedichino alla lectio sino a tutta l'ora seconda; all'ora seconda si celebri Terza e poi sino a nona tutti si occupino nei lavori loro assegnati. Al primo segnale dell'ora Nona ognuno lasci il suo lavoro e si tenga pronto per il secondo segnale. Dopo il pasto poi si dedichino alla lectio o allo studio dei salmi.


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