Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Martedì 24 febbraio 2004

Per essere i “primi”. (le letture del giorno)

Per comprendere la bontà infinita di Dio e gli abissi della nostra miseria bisogna porre doverosa attenzione ai violenti contrasti di cui noi essere umani siamo spesso protagonisti: nel vangelo di oggi mentre Gesù parla della sua prossima passione e morte, gli apostoli s'immergono in un'assurda discussione su chi di loro dovrà essere il primo e il più grande. Sin dal principio sono state proprio le manie di grandezza e la voglia sfrenata di primeggiare a causarci i grandi guai. Per questo ci siamo ribellati a Dio, per la stessa ragione abbiamo perpetrato violenze e sono ancora quelle a creare nel nostro mondo i mali peggiori. Come è diversa la visione che Gesù ci prospetta! Egli dice ai suoi e ripete a ciascuno di noi: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti». Poi prende un bambino, lo abbraccia affettuosamente e completa la sua sentenza: «Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato». Con quel gesto e con quelle parole vuole ricordare che occorrono purezza e semplicità di cuore per entrare nel regno di Dio e diventare accoglienti e praticanti della sua parola. Dirà in un'altra occasione che solo i piccoli vi trovano accesso. In un altro momento solenne, in una cena di addio, il Maestro e Signore si prostrerà come uno schiavo ai piedi dei suoi discepoli per lavare loro i piedi e concluderà quella cerimonia dicendo: «Sapete ciò che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi». È davvero sconvolgente la proposta di Cristo e se non fosse stata confermata con lo splendido esempio da lui stesso offertoci, potrebbe sembrare assurdo rispetto al giudizio corrente del mondo. È ancora difficile convincerci e convincere che la via della vera grandezza debba necessariamente passare per la via dell'umiliazione. Anche il vangelo di oggi si conclude dicendoci: «Se uno vuol essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti». Ciò vale per ogni cristiano, ma è un'esigenza inderogabile per tutti i ministri di Cristo.


Le letture della Festa:

La Trasfigurazione: il vero Volto di Cristo.

La croce, della quale il Signore ci ha parlato in questi giorni «chi non prende la sua croce e non mi segue…», ecco: questa croce per noi che abbiamo scelto di seguirlo, non è un approdo finale, non è la méta finale, è un passaggio inevitabile, obbligatorio. «Per crucem ad lucem, per crucem ad gloriam».
Nel Vangelo di oggi san Luca ci offre uno squarcio di cielo perché possiamo comprendere senza ombra di dubbio dove questa croce, che portiamo sulle nostre spalle, ci conduce.
Gesù sceglie tre testimoni, testimoni qualificati, amati, Pietro Giacomo e Giovanni. Con loro sale un monte, il monte Tabor, e li' avviene la trasfigurazione, la teofania, la rivelazione della gloria di Dio, la vera méta che ci attende, perché noi andiamo verso quella méta, verso la trasfigurazione.
L'occhio e lo spirito umano, finché restano legati al corpo, non sono in grado di vedere di godere in pienezza quella gloria, quel fulgore. È solo una anticipazione quella che i discepoli prediletti godono…, per i tre fortunati testimoni…, più che sufficiente per farci comprendere anche a noi uno stato diverso e incomparabilmente migliore, più bello di qualsiasi umana esperienza.
Giunge poi ai loro orecchi una voce, la voce dello stesso Padre celeste, Padre che proclama ancora quel Gesù che dovrà subire il martirio della croce, suo Figlio prediletto.
Aggiunge poi il Padre, per scansare definitivamente la nostra tentazione di non credere alle parole con le quali Gesù preannunciava il suo prossimo martirio, un imperativo: «Ascoltatelo!». Il Padre celeste si fa garante, garante delle parole del Figlio suo. Vuole dirci che il martirio e la croce sono un suo progetto, un arcano disegno, dettato dall'amore infinito che Dio vuole rivelare in Cristo. Ci fa comprendere in questo modo il Padre lo stupore e lo spavento di Pietro e degli altri due discepoli. Ma il monte Tabor ci ricorda anche un altro monte che forse preferiremmo dimenticare. Il suo nome è Calvario, Calvario che è la vetta, la cima della gloria perché sarà li' dove verrà piantato quell'Albero che, anche se morto, sarà sempre verde, verde e sprizzante di vita.
I discepoli volevano costruire delle tende: «è bello per noi stare qui…». Loro parlavano del mote Tabor. Noi lo ripetiamo, ma includiamo anche quell'altro monte. Ripetiamo nel nostro cuore: «Signore è bello per noi stare qui, con te, indipendentemente dal nome del monte Tabor o Gòlgota…»… Se ci sei tu, fonte della nostra vita anche noi vivremo, ci nutriremo di te. E tu ci dai volentieri il tuo corpo da mangiare e il tuo sangue da bere. Signore, dacci sempre il tuo pane.

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Oggi si conclude il Tempo Ordinario
Da domani inizia il Tempo di Quaresima
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Apoftegmi - Detti dei Padri

Dio ascolta realmente la nostra povera voce, le nostre fragili parole.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Ecco, quando il monaco avrà asceso tutti questi gradini dell'umiltà, allora giungerà a quell'amore che, essendo perfetto, scaccia via il timore (1 Gv 4,18); e per mezzo di esso tutto ciò che prima osservava non senza una certa paura, comincerà ora a compierlo senza alcuna fatica ma quasi naturalmente, come per abitudine, non già per timore dell'inferno, ma per amore di Cristo, per la stessa buona abitudine e per il gusto della virtù. Tutto questo il Signore si degnerà di mostrare, per mezzo dello Spirito Santo, nel suo operaio ormai purificato dai vizi e dai peccati!


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