Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Domenica 22 febbraio 2004

Il segreto dell'amore cristiano.

Siamo esseri viventi dotati di un dono particolare, che sin dal principio, ci qualifica come somiglianti a Dio. Rinnovati, dopo il peccato, dalla redenzione di Cristo e irrorati dalla luce dello Spirito Santo, diventiamo creature nuove. Il nuovo alito che ci trasforma è sgorgato come Amore dalla croce di Cristo. Acquistiamo così una qualifica che ci esalta: siamo figli di Dio. Ora la nuova somiglianza diventa non solo una dote meravigliosa, ma anche un impegno sacrosanto ed irrinunciabile, quello di amare con lo stesso amore che Dio gratuitamente ci dona. Ecco perché Cristo ha osato dirci: "Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano". Umanamente parlando amare i nemici, fare del bene a coloro che maledicono il nostro nome e pregare per i persecutori è illogico ed improponibile. Gesù premette, prima di dare questo precetto: "A voi ascoltate, io dico". Ascoltare significa assimilare la parola e farla fruttificare nella vita. Infatti lo stesso Signore afferma: "Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli". L'ascolto quindi implica la sequela e questa, ci spinge all'imitazione, alla coerenza. Anche S. Pietro nutriva qualche dubbio sul perdono e sull'amore ai nemici: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette". Il Signore vuole dirci che l'amore e, di conseguenza il perdono, non hanno limiti perché sgorgano dal cuore stesso di Dio e lì non esistono i confini dell'amore o i limiti al perdono. Lo stesso Gesù, morente sulla croce ci offrire un esempio sublime di amore totale con il dono della vita e di perdono pieno rivolto ai suoi stessi crocifissoci e anche al ladrone pentito. Il perdono, anche quello che siamo chiamati a dare noi supera e trascende ogni logica umana perché è dono e gratuità, della stessa natura di quello di cui noi continuamente e abbondantemente godiamo. San Paolo ci ricorda opportunamente: "Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita". Anche noi eravamo "nemici" e siamo stati amati e perdonati da Dio e dobbiamo aggiungere, a prezzo del sangue del Figlio suo. Amando i nemici siamo davvero assimilati a Cristo.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Camminare nel fuoco della preghiera.

«Il padre Lot si recò dal padre Giuseppe a dirgli: "Padre, io faccio come posso la mia piccola liturgia, il mio piccolo digiuno, la preghiera, la meditazione, vivo nel raccoglimento, cerco di essere puro nei pensieri. Che cosa devo fare ancora?". Il vecchio, alzatosi, aprì le braccia verso il cielo e le sue dita divennero come dieci fiaccole. "Se vuoi - gli disse - diventa tutto di fuoco"».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

L'UMILTÀ

Il decimo gradino dell'umiltà si sale quando non si è facili e pronti al riso, perché sta scritto: «Lo stolto alza la voce mentre ride» (Sir 21,23). L'undicesimo gradino dell'umiltà si sale se il monaco, quando parla, lo fa pacatamente e senza ridere, con umiltà e gravità, usando poche e sensate parole e senza alzare la voce, come sta scritto: «Il saggio si riconosce per la sobrietà nel parlare».


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