Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 17 novembre 2003

La fede, luce che salva.

Gli apostoli stentano a credere al loro maestro; specialmente quando egli parla di passione e di morte sembra che le loro orecchie siano ermeticamente chiuse a quelle parole: evidentemente la loro fede è ancora debole, ancora non si sono aperti alla luce divina. Il cieco, mendicante lungo la strada, venuto a sapere che passa Gesù di Nazareth, comincia a gridare la sua preghiera. La cecità del corpo e dello spirito non consentono di valutare le distanze che ci separano da Cristo e la pochezza della fede fa sì che la preghiera diventi un grido accorato verso Dio. Egli implora la pietà di Cristo. Gli astanti invece, presi da falso zelo, sgridano il povero cieco e lo invitano a tacere, il dolore però ha le sue legittime esigenze e nessuno può pretendere che taccia e rimanga soffocato nell'angoscia della solitudine e dell'abbandono: quante volte si ripete questa scena per le strade del mondo. Il povero, il malato che grida deve tacere perché disturba la quiete dei sani! Gesù chiama a se quel poveretto e vuole da lui solo che espliciti meglio la sua richiesta di aiuto. "Signore che io riabbia la vista" e la risposta di Gesù: "Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato". I suoi occhi si aprono e la fede brilla nel suo cuore: segue Gesù e dà lode a Dio. Il popolo che prima aveva cercato di far tacere il suo grido di preghiera, ora finalmente si unisce al miracolato nella preghiera di lode al Signore. È questa la vera e completa guarigione: la nascita della fede, l'aprirsi alla luce divina, vederci chiaro con l'occhio dello spirito.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un giorno l'Abba Macario, passando di ritorno dalla palude nella sua cella, recava con sé dei rami di palma, ed ecco per la strada gli venne incontro il diavolo con una falce per la mietitura. Lo avrebbe voluto colpire con quella falce, ma non ci riuscì e gli disse: O Macario, da te subisco grande violenza, perché non posso avere la meglio su di te. Infatti qualsiasi cosa tu faccia, la faccio anch'io: digiuni e anch'io non mangio affatto, vegli e anch'io non dormo affatto. C'è una sola cosa in cui mi sei superiore; l'Abate Macario chiese: Quale? Il diavolo rispose: La tua umiltà, a causa della quale non riesco ad avere la meglio su di te.


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

VESTI E CALZATURE DEI FRATELLI

Quando si ricevono indumenti nuovi si restituiscano sempre quelli usati, da conservare nel guardaroba per i poveri. Devono bastare infatti al monaco due cocolle e due tuniche, sia per avere il cambio la notte sia per poterle lavare; il di più è superfluo e deve essere tolto. Anche le calze e ogni altra cosa usata le restituiscano quando ne ricevono di nuove. Quelli che si mettono in viaggio prendano i femorali dal guardaroba e al ritorno li restituiscano lavati. E le cocolle e le tuniche per il viaggio siano un po' più buone di quelle che ordinariamente usano; le prendano dal guardaroba quando partono e ve le ripongano quando tornano.


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