Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Sabato 22 marzo 2003

La festa del perdono.

È bello in questo tempo di quaresima, in cui siamo particolarmente sollecitati alla conversione e al ritorno a Dio, ascoltare ancora una volta una delle più affascinanti parabole che Gesù ci ha lasciato. Sulla scia del figlio pentito, che torna tra le braccia del Padre, si muove ancora la nostra povera umanità peccatrice. Il percorso è gia segnato. Ci capita di cadere nell'assurdo di pretendere da lui la nostra parte di eredità, di reclamare solo per noi la libertà che egli ci ha donato, ci capita di subire la nausea del vero bene e di stancarci di Dio e della sua casa. Gli spazzi del mondo ci attraggono, l'idea di una libertà assoluta e senza norme ci seduce, il poter spendere senza limiti pare ci adorni di un grande potere e così perpetriamo le nostre fughe. Il Signore ci mostra in anticipo i precipizi che ci si parano dinanzi e dentro cui andremo a gemere. Per nostra fortuna però anche quando abbiamo tutto sperperato malamente e ci ritroviamo spogli di ogni bene, umiliati a grugnire con i porci, i morsi della fame del vero bene e del pane buono della casa paterna, la nostalgia delle braccia amorose del Padre, che ci avevano già stretto nell'innocenza, ci pulsano salutarmene dentro a suggerirci un pentimento ed un ritorno. I sensi di colpa però premono come macigni e dire "mi alzerò" e già preludio di grazia. Pensare onestamente di poter essere almeno annoverato tra gli ultimi degli schiavi della casa paterna, è già timido germoglio di speranza. Intraprendere il duro e lungo cammino verso casa, stremati dalla fame e dall'improba fatica del male, è come già intravedere i primi bagliori del bene perduto. Ciò che non si osa sperare è proprio ciò che avviene: il peso della croce se l'assume Cristo stesso e così egli agevola il cammino, il Padre l'attende a braccia aperte, per stringerlo a se con rinnovato ed cresciuto amore, per farlo rinascere con un abito nuovo alla vita della grazia. Poi la grande festa finale, solo in parte guastata dal comportamento del fratello maggiore: anche per chi rimane sempre fedele a Dio, è obiettivamente difficile comprendere la festa del ritorno per chi non ha sperimentato la misericordia e il perdono. Si finisce per soffrire proprio per le meravigliose sorprese che Dio riserva al peccatore pentito. Suscita stupore e invidia l'accoglienza riservata al fratello scellerato. Pare che certi giusti siano più propensi ad affermare e pretendere la giustizia che a comprendere l'amore. Dio invece sa coniugare splendidamente le due virtù.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Gregorio disse: «Che la tua opera sia pura per la presenza del Signore e non per l'ostentazione».


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE IL GRADO DELLA SCOMUNICA

La misura della scomunica o del castigo corporale deve essere proporzionata alla gravità della colpa; e la valutazione di questa dipende esclusivamente dal giudizio dell'abate. Se un fratello comunque si rende colpevole di colpe leggere sia privato della partecipazione alla mensa comune. Per chi viene escluso dalla mensa si usi questa norma: non canti da solo in coro né salmo né antifona né proclami le letture, finché non abbia fatto la soddisfazione; inoltre prenda il pasto da solo dopo la refezione dei fratelli; così, per esempio, se i fratelli mangiano all'ora sesta, egli mangi a nona; se i fratelli a nona, egli a vespro, finché, dopo un'adeguata soddisfazione, non abbia ottenuto il perdono.


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