preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)
La scena iniziale che l'evangelista Marco ci descrive suscita immediata ammirazione. Quel tale, non meglio identificato, che si prostra ai piedi di Gesù e lo interroga: «Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?», è sicuramente animato dalle migliori intenzioni e mira diritto all'obbiettivo finale della vita. Egli vuole avere la vita eterna. Il fatto che si rivolga a Gesù per avere una risposta definitiva e certa accresce ulteriormente la nostra stima: vuol dire che egli cerca la verità dalla fonte stessa. Egli dice di conoscere e di praticare i dieci comandamenti fin dalla sua giovinezza e il Signore non smentisce la sua affermazione. Abbiamo a che fare con una persona davvero in gamba! Tant'è vero che suscita la piena compiacenza anche dello stesso Cristo che: "fissatolo, lo amò". Poi, quasi a voler concretizzare nei fatti quell'amore, gli lancia la sfida ultima, quella che conduce alla perfezione e che implica il distacco totale dalle cose del mondo per seguire Cristo in piena libertà e completa disponibilità. «Una cosa sola ti manca: và, vendi quello che hai e dallo ai poveri e avrai un tesoro in cielo; poi vieni e seguimi». La sequela, il divenire e l'essere discepoli di Cristo esige l'affermazione del primato assoluto di Dio nella propria vita e, di conseguenza, il distacco da tutto ciò che può essere di ostacolo a questa chiamata speciale. Contrariamente a quello che si potrebbe pensare, lo stare con Cristo nella disponibilità assoluta, non offre nessuna umana sicurezza, tutt'altro! A un giovane che gli esprimeva il desiderio di seguirlo ovunque, Gesù risponde: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell'uomo non ha dove posare il capo». Arriva a dire: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo». Per questo la scelta della vita religiosa e sacerdotale è invidiata da molti, ma seguita da pochi. Per questo anche questo anonimo, pur così ben intenzionato: "rattristatosi se ne andò afflitto, perché aveva molti beni". L'odio di cui ci parla Gesù non può certamente essere quel pessimo sentimento umano opposto alla carità cristiana e agli stessi comandamenti, ma sicuramente vuole dirci che nulla, e nessuno dobbiamo anteporre all'amore di Cristo. C'è da aggiungere che ciò che è un'esigenza radicale per i chiamati ad una vocazione speciale, è un dovere anche per ogni cristiano nei diversi stati di vita, l'attaccamento smodato alle cos della terra è sempre un impedimento per anelare ai beni celesti. È la conclusione che lo stesso Signore ci fa ascoltare: «Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!».
«La cella del monaco è la fornace di Babilonia, dove i tre fanciulli trovarono il Figlio di Dio; e la colonna di nube, da cui Dio parlò a Mosè».
La cella è il sinonimo della preghiera, perché è il luogo dove, nel segreto e nella verità, ci collochiamo davanti al Padre. E quando la preghiera è luce e fuoco, allora la cella diventa una fornace ardente e il luogo dove si manifesta la nube luminosa.
COME CELEBRARE LE LODI MATTUTINE La domenica alle Lodi mattutine si dica prima il salmo 66, senza antifona, di seguito;poi il salmo 50, cantato con l'Alleluia; dopo di esso il 117 e il 62; quindi il cantico Benedicite (Dn 3,57-88) e le laudes (i salmi 148-149-150), una lettura dell'Apocalisse a memoria, il responsorio, l'inno, il versetto, il cantico del Vangelo, la litania; e così si termini.
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