Liturgia della Settimana

preparata dai giovani monaci del monastero di S.Vincenzo Martire - Bassano Romano (VT)

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Commento alle Letture

Lunedì 20 gennaio 2003

Lo sposo è con noi.

Il digiuno è un atto penitenziale che la chiesa pratica sin dalle sue origini ed è comune a molte altre espressioni religiose. Ha lo scopo di distoglierci dai beni temporali e predisporre l'animo ai valori dello spirito. Ha anche un valore di espiazione ed ascetico. Alcuni santi lo hanno praticato in modo eroico. Al tempo di Gesù lo praticavano anche i discepoli del Battista e i seguaci dei farisei. Da qui la domanda provocatoria rivolta a Gesù: «Perché i discepoli di Giovanni e i discepoli dei farisei digiunano, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». La risposta di Gesù, come sempre, è ricca di significati e di insegnamenti. Egli vuole proclamare la novità che sta sbocciando per tutti con la sua presenza nel mondo e con l'opera redentrice che egli sta già attuando. Il regno di Dio è in mezzo a noi. Nascono tempi nuovi alimentati non più da paure e timori, ma dall'amore dello "sposo" verso l'umanità riconciliata. È ormai in atto il tempo nuovo, il tempo delle nozze, il tempo della gioia e della festa, circostanze che non si conciliano più con il digiuno, con il lutto e con l'attesa: "Possono forse digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro?". Soltanto se privati di questa autentica gioia e di questa consolante presenza, inizierà il tempo del lutto e del digiuno. La novità del Cristo è totale e sconvolgente, non è assolutamente da paragonare ad un rattoppo sul vecchio e sul passato. Il vino è un vino nuovo, è quel vino, prima sorbito da Cristo come calice amaro e poi offerto a noi come bevanda di salvezza. "Verranno tempi …" - dice però il Signore. È una velata allusione alla sua morte, alla passione sua e del mondo, al "già e non ancora", che crea la perenne ansia di una pienezza che ci sfugge, ma che non dobbiamo mai smettere di inseguire.


Apoftegmi - Detti dei Padri

Un fratello chiese ad abba Arsenio di dirgli una parola. E l'anziano gli disse: "Lotta con tutte le tue forze perché il lavoro che fai dentro di te sia secondo Dio e così vincerai le passioni di fuori"


Dalla Regola del nostro Santo Padre Benedetto

QUALE DEVE ESSERE L'ABATE

L'abate ricordi sempre ciò che è, ricordi come viene chiamato e sappia che a chi è stato affidato molto sarà richiesto molto di più (cf. Lc 12,48). Si renda conto di quanto sia difficile e arduo l'incarico che si è assunto, quello di guidare le anime e di mettersi al servizio della diversa indole di molti, dovendo trattare uno con la dolcezza, un altro con i rimproveri, un altro ancora con la persuasione; e, secondo il temperamento e il grado di intelligenza di ciascuno, egli si adatti e conformi a tutti, in modo che non solo non abbia a subire perdite nel gregge a lui affidato, ma anzi possa rallegrarsi dell'incremento del buon gregge.


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